Pietralunga
è un comune dell'Umbria, in provincia di Perugia.
È situato nella parte nord-orientale dell'Alta
Valle del Tevere, a 566 metri di altitudine sul livello
del mare. L'insediamento urbano occupa la parte terminale
di un crinale collinare digradante verso la valle
del torrente Carpinella, a ridosso dell'Appennino
umbro-marchigiano. Il centro murato giace sul versante
meridionale del colle coprendo un dislivello di 40-50
metri tra il lato nord e quello sud delle mura urbane.
Il territorio comunale di Pietralunga si estende sui
contrafforti dell'Appennino, a cavallo fra il versante
tirrenico e quello adriatico. Il territorio comunale
è attraversato da una fitta rete di torrenti.
Tra questi due sono i principali: il Carpina e il
Carpinella. il Carpina ha un'abbondante portata d'acqua.
Nasce presso la cima di S. Antonio a 780 m di altezza
e segna per lungo tratto il confine comunale tra Pietralunga
e Montone. In località Tre Ponti riceve, come
affluente di sinistra, il torrente Carpinella col
quale forma un unico corso d'acqua prima di divenire
affluente del fiume Tevere. Il clima di Pietralunga
ha carattere spiccatamente continentale e le precipitazioni
sono distribuite secondo il tipo sub-litoraneo appenninico
con due massimi: uno primaverile ed uno autunnale.
La flora è costituita dalla vegetazione spontanea
dei boschi. Numerosi sono gli olmi, i pioppi, le querce,
i cerri ed i carpini che si possono trovare in estesi
appezzamenti costeggiati da fossi, torrenti, scarpate
e strade di campagna. La maggior parte della flora
tuttavia è costituita dalla Foresta demaniale
di Pietralunga (pino, abete, cipresso, cedro e latifoglie),
che forma nell'ambito del territorio un complesso
di circa 3.900 ettari.
ETIMOLOGIA
E' un evidente composto di "pietra" (nel
senso di roccia, masso) e dell'aggettivo "lungo".
DA
VEDERE
Col
Prejano (Casanova di Cirinella) nei pressi di Pietralunga.
Nel 1980 è stata oggetto di scavo da parte
della Soprintendenza Archeologica per l'Umbria.
Villa
rustica di Fossalto nei pressi di Pietralunga. Durante
lavori agricoli sono stati rinvenuti numerosi fittili
e blocchetti di schisto, ammassati dai contadini in
una macera ai bordi del campo e di una fistula acquaria
di piombo.
Ripa
rinvenimento sporadico di anforoni romani.
Ripetta
tombe romane ed anforoni lungo il fosso Soarina. Frammenti
di vasi, tegole e piombi.
Case
Terzi (campo la Pianaccia)
nel campo prospiciente la strada affiorano muretti
di pietra, vaste aree di fittili laterizi e frammenti
di ceramica appartenenti ad una villa rustica romana.
Casale
Gorgacce
area di fittili con frammenti di ceramica e dolii.
La
Madonnuccia
il toponimo deriva dal rinvenimento di una statuetta
femminile (offerente). Nel sito affiorano muri di
pietra, blocchi di arenaria squadrati e laterizi.
Cailuca,
San Salvatore, Rampone, Viapiana, Caiburroni
località allineate lungo il diverticulum della
Flaminia: vi affiorano aree di fittili e ceramica
comune.
Col
di Colonna (Campo della Battaglia)
area di fittili e ceramica comune. Ritrovamento della
punta di una lancia.
Pian
del Pozzo (Campo dell'Ospedale)
area di fittili con frammenti di ceramica e dolii.
Casalecchio
sulle pendici orientali del Monte delle Macinare tombe
alla cappuccina costruite con laterizi e lastroni
di arenaria.
San
Felice
nei pressi del borgo rinvenimento di una tomba alla
cappuccina costruita con laterizi e lastroni di arenaria
e contenente tre scheletri ma priva di corredo funebre.
Monte
Castellaccio
muretti affioranti, area di fittili con frammenti
di ceramica a vernice nera e di sigillata italica
appartenenti ad una villa rustica romana.
Castelvecchio,
Varrea, Casa de' Franchi
aree di fittili,laterizi e conci.
San
Giusto
nei pressi dell'abitazione rinvenimento di parti di
condutture fittili romane saldate da piombo per acquedotto.
Caipatrignani,
Valdefogna
tombe alla cappuccina costruite con lastre di arenaria,
aree di fittili e conci di arenaria con frammenti
di dolii e ceramica comune.
Madonna
dei Rimedi
ad ovest del torrente Carpinella vasta area di fittili
laterizi, di ceramica comune e conci squadrati di
arenaria.
Col
di Fiore (Vocabolo Fonte della Scodella)
Rinvenimento di un asse di bronzo di Vespasiano del
71 d.C. recante: D/(IMP CAES VE)SPASIAN (AUG COS III)
testa laureata di Vespasiano a destra, R/ AE QUITAS
(AUGUSTI) S C Aequitas stante, drappeggiata, con bilancia
sulla destra e lancia sulla sinistra.
Savenano,
Sant'Anna, Caignagni
muretti affioranti, ceramica comune, dolii e fittili
laterizi.
La
Rocca longobarda pentagonale
al centro della piazza principale si possono ammirare
i resti della porta di accesso alla struttura difensiva,
costruita in epoca longobarda intorno all'VIII secolo
d.C., come sede gastaldale e avamposto militare e
il torrione pentagonale di avvistamento e difesa comunemente
chiamato Rocca. All'interno del fortilizio erano collocati:
il cassero, il mastio, gli alloggi per le truppe,
le cucine, le stalle e il pozzo per il rifornimento
idrico. Originariamente il piano di campagna del castello
si trovava all'altezza della porta di ingresso. Il
livello odierno è dovuto a scavi e rimozioni
eseguiti nel volgere dei secoli;
l'ex convento di S. Agostino
del XIII secolo per il quale era stato dipinto il
Polittico di Ottaviano Nelli nel 1403. Fino alla metà
del XVII secolo vi aveva sede la pubblica scuola con
regolari lezioni tenute dai frati agostiniani. La
struttura conventuale e la chiesa sono stati restaurati
e ristrutturati qualche anno fa;
la medievale Porta del Cassino
una delle tre porte della cittadella, ben conservata.
Questa porta si chiamava così perché,
fungendo anche da posto di guardia, vi era collocata
la garitta e cassino, dove i soldati, a turno, sorvegliavano
l'accesso alla cittadella;
il Palazzo del Capitano del Popolo
edificato nei primi anni del XV secolo. Qui avevano
sede il Capitano giusdicente, il Governo della cittadella,
il Tribunale civile e penale e le galere. Il palazzo
poggia sopra le mura castellane le quali, restaurate,
sono state restituite all'originario splendore;
l'ex Ospedale
è l'edificio che dal 1756 fino alla fine del
XIX secolo, è stato la sede dell'Ospedale di
Pietralunga. Realizzato tramite il lascito di Giovan
Paolo Paolucci, nobile pietralunghese, l'ospedale
venne successivamente accorpato a quello più
grande di Città di Castello;
la Torre dell'Orologio del XVII secolo
è un'elegante e sobria costruzione che sovrasta
la piazza omonima dove sono collocati fin dal 1645
il macchinario e le campane dell'orologio pubblico;
il Palazzo del Gonfaloniere del XIV secolo
è una costruzione a torre, con finestroni ad
arco sulla facciata che ne evidenziano l'eleganza.
Era la sede del Gonfaloniere del Camerlengo della
Comunità;
il Palazzo Fiorucci
fatto edificare nel 1612, con licenza del Card. Scipione
Caffarelli-Borghese, sopra una parte delle mura castellane,
da Giovan Giacomo Fiorucci detto il Magnifico. La
Casata Fiorucci ha avuto origine, intorno alla metà
del XV secolo, da Campo Colice, un predio in Comune
di Pietralunga;[10]
il Palazzo comunale
fatto costruire tra il 1498 e il 1502 da Mons. Giulio
Vitelli, arciprete, come sede di rappresentanza dell'arcipretura
pietralunghese, sopra una parte del mastio della fortezza
longobarda. Questo palazzo, dal XVII secolo al XIX
secolo, prima di divenire nel 1888 sede della municipalità
pietralunghese, è stato di proprietà
e utilizzato dal Sacro Ordine dei Cavalieri di Malta.
il Borgo antico
coi suoi stretti vicoli e le dimore medioevali e rinascimentali.
IL
MIRACOLO DELLA MANNAJA
Nella Legenda major del Volto santo di Lucca sono
riportati molti interventi miracolosi. L'ultimo famoso
e antico registrato è quello di « un
certo Giovanni di Lorenzo di Piccardia (Francia) che
si era sbarcato a Napoli per andare pellegrino alla
santa Casa di Loreto. Di qui si diresse verso Lucca,
desiderando di giungervi per la festività della
santa Croce e prostrarsi dinanzi al Volto Santo. Eravamo
ai primi di settembre del 1334 e il pellegrino, passando
vicino Pietralunga, antica cittadella della Diocesi
di Città di Castello, alle falde dell'Appennino,
era sceso presso un torrente e colà scorse
con terrore il cadavere di un uomo ucciso di fresco.
Mentre attonito andava contemplandolo, sopraggiunsero
altri e, vedendo quel forestiero vicino al cadavere,
senza tanti complimenti lo acciuffarono e lo accusarono
di aver commesso il delitto. Invano il poveretto protestò
di essere innocente. Fu dato in mano alla giustizia,
rinchiuso in progione e, non trovandosi l'autore del
delitto, dovette comparire davanti al tribunale. Negando,
esso, di aver commesso il fatto, venne messo alla
tortura. Resisté per qualche tempo, ma, infine
non reggendo più allo strazio, si dichiarò
reo del delitto, che non aveva commesso. Tanto bastò.
Branca de' Branci, podestà di Pietralunga,
sottoscrisse la sentenza di morte. L'infelice, allora,
fece voto al Volto Santo che se avesse avuta salva
la vita non solo si sarebbe recato a Lucca a venerarlo,
ma avrebbe proseguito il suo viaggio fino a San Giacomo
di Compostella. Quando fu la sua ora, si avviò
verso il palco, pregando. Posto il capo sul ceppo,
il carnefice diede un gran colpo colla mannaia, ma
questa non offese per niente il condannato. Alquanto
meravigliato, diede un nuovo colpo più energico
e ...nulla. Un terzo anche più forte. Nulla!
Gli spettatori ne rimasero impressionatissimi e il
carnefice non meno. Avvicinatosi per osservare il
taglio della mannaia, lo riscontrà riversato,
mentre il collo del condannato era illeso. L'uomo
allora gridò al prodigio e gli spettatori riconoscendo
in quell'avvenimento un giudizio di Dio, proclamarono
l'innocenza del povero Giovanni, che l'aveva vista
brutta. Era l'11 settembre 1334 e Giovanni corse alla
volta di Lucca per prostrarsi ai piedi del Volto Santo.
Giuntovi si presentò al Vescovo - che era allora
Guglielmo II di Montalbano, O.P. 26 gennaio
1330 - 8 aprile 1349 il quale lo accolse e l'ascoltò
ma, prima di riconoscere il prodigio, richiese altre
testimonianze». Allora Giovanni ritornò
a Pietralunga ed ebbe dal podestà, oltre la
mannaia, che venne appesa davanti alla Cappella del
Volto Santo, ove si conserva ancora, lettere attestati
il prodigio, per il Vescovo, il Vicario e l'Arciprete
della Cattedrale.
EDIFICI
RELIGIOSI
la
Pieve di Santa Maria (VIII secolo/X secolo)
al cui interno sono conservati l'affresco del martirio
di san Sebastiano di Raffaellino del Colle e la copia
del Polittico di Ottaviano Nelli (Gubbio 1370 -
1444) il cui originale, tempera su tavola datato 5
maggio 1403, è conservato dal 1955 presso la
Galleria Nazionale dell'Umbria. L'odierna facciata
della chiesa è il frutto di una sostanziale
modificazione (rotazione di 180°), eseguita alla
fine del XIX secolo, che ha comportato l'abbattimento
dell'abside per fare posto alla nuova entrata e la
chiusura di quella originaria. Su quella che prima
era la facciata principale e oggi è il retro
della chiesa si possono ammirare il rosone superiore
e un portale romanico finemente lavorato. Sul fianco
destro, all'altezza di tre metri, un'inscrizione in
caratteri gotici attesta la vetustà dell'edificio;
la
Chiesa del Gonfalone (XIV secolo)
Sul retro della Pieve di Santa Maria si trova la Chiesa
del Gonfalone, oggi non più officiata, dove,
nei secoli passati, venivano celebrati i Consigli
e conservato lo stemma della Comunità;
il
santuario della Madonna dei Rimedi
nei primi anni del XVI secolo, per un fatto miracoloso
- la Madonna era apparsa ad alcune fanciulle e ad
alcune monache del convento benedettino locale di
Santa Maria del Ponte - era divenuto un centro di
intensa devozione mariana tanto che, nel XVII secolo,
venne ampliato e in parte riedificato sopra la preesistente
Pieve romanica di fuori, dove, secondo la tradizione,
nel 1224[8], aveva pernottato san Francesco di ritorno
dalla Verna, dopo avere ricevuto le Stigmate, e dove
si era formato allo stesso tempo un romitorio di frati
minori francescani.[9] La Chiesa si trova a sud, lungo
la provinciale per Umbertide, a poco più di
un chilometro di distanza da Pietralunga. La seconda
domenica di settembre di ogni anno vi si celebra la
festa della Madonna dei Rimedi.
la
Pieve de' Saddi (vedi anche alla voce frazioni)
chiesa paleocristiana edificata sopra un preesistente
tempio romano per conservare le spoglie di san Crescenziano
martire.
IL
MUSEO ORNITOLOGICO
Il Museo Ornitologico di Candeleto, gestito dal Corpo
Forestale dello Stato, è una raccolta della
fauna del territorio. In esso si trovano più
di 300 esemplari di uccelli che rappresentano il 98%
del patrimonio dell'avifauna dell'Appennino Umbro,
con la presenza di rapaci, acquatici, passeracei,
alcune specie estranee al complesso faunistico regionale,
nonché alcune specie di mammiferi presenti
in una sala appositamente predisposta. Nella prima
sala espositiva un plastico interattivo mostra la
cartografia tridimensionale dell'Alta valle del Tevere.
In un'altra sala si può osservare un diorama
interattivo che rappresenta l'ambiente palustre con
circa 25 esemplari che lo vivono. In un altro diorama
si possono ammirare alcuni mammiferi come il lupo
e il capriolo. Il museo è collocato all'interno
dell'Oasi Naturalistica di Candeleto, caratterizzata
da estesi boschi di conifere e querce, ove si alterna
la vegetazione propria dell'alta collina, a impianti
di conifere eseguiti agli inizi del 1900 e a prati
e campi coltivati, i quali offrono un habitat ideale
per molte specie di animali.
FRAZIONI
Aggiglioni, Castelfranco, Castelguelfo, Collantico,
Corniole, Piscinale, Pieve de' Saddi, Salceto Lame,
San Biagio, San Faustino.
CASTELFRANCO
Narrano le cronache che, ad un quarto di miglio dall'antico
castello di Castelfranco (lat. Castrum Francum), esisteva
una piccola cappella dove un affresco, raffigurante
la Madonna, era oggetto di continua venerazione. «Era
prossima a quattro strade (nel periodo romano era
una importante stazione di sosta, più semplicemente
una mutatio dove era possibile rifocillare o cambiare
i cavalli), frequentate da passeggeri, le quali da
Città di Castello conducono a Cagli e da Gubbio
ad altri luoghi nella provincia di Romagna. Ivi prossima
è la divisione delle acque, alcune delle quali
vanno al Tirreno ed altre all'Adriatico. Rovinò
dall'antichità questa piccola cappella e ricostruita
crebbe tanto la divozione de' popoli che meritò
di essere favorita dalla Vergine da frequenti grazie
e miracoli».[22] Per ordine del vicario apostolico
di Città di Castello, Mons. Fabio Tempestivo,
verso la fine del XVI secolo venne costruita una nuova
chiesa-santuario per custodire la sacra Immagine.
L'elegante costruzione, dedicata alla Madonna delle
Grazie e posta a circa 8 km di distanza da Pietralunga,
merita di essere visitata per la sua fattezza e anche
per l'ampia veduta delle vallate verso l'Adriatico,
da una parte, e verso il Tirreno, dall'altra. La chiesa
è regolarmente officiata e per raggiungerla
è sufficiente prendere la provinciale per Cagli
e seguire l'apposita segnaletica. Da qui si può
scegliere di raggiungere la Pieve di Aggiglioni, altro
importante nucleo religioso del territorio.
CASTELGUELFO
Castelguelfo (lat. Castrum Guelfum o Ghelfum) è
una frazione del comune di Pietralunga, posta a circa
20 km di distanza dal capoluogo ed a circa 700 m s.l.m..
Anticamente questa località si chiamava Tesio,
un nome con cui si indicava la parrocchia che, con
la sua chiesa dedicata a San Donato, dipendeva dalla
Pieve di Aggiglioni. Per difendersi dalla minaccia
degli Ubaldini della Carda che si erano alleati con
Brancaleone Guelfucci, Signore di Castelfranco, i
Tifernati decisero di « erigere, costruire ed
edificare a Tesio un castellare e stabilirono che
in avvenire quel luogo si dovesse chiamare Castelguelfo.».
Di questo maniero rimane visibile soltanto il blocco
centrale che, pur essendo stato adibito ad abitazione,
conserva ancora qualche richiamo del suo glorioso
passato (le grosse mura, una contorta e misteriosa
scaletta in pietra che ha acceso la fantasia popolare
e il vistoso alloggiamento per un cannone). Rimane
invece problematica la ricostruzione, sia pure immaginaria,
del torrione, del cassero, della porta di accesso
e del ponte levatoio, di cui peraltro parlano abbondantemente
i documenti dell'epoca. All'interno della costruzione
esiste tuttora una piccola chiesetta che venne innalzata
« intra muros castri ghelfi nel 1401 per volere
del Consiglio del popolo dei XXXII di Città
di Castello.» Il territorio di Castelguelfo
offre a tutti uno stupendo panorama e un clima salubre.
PIEVE
DE' SADDI
Pieve de' Saddi (lat. Plebs Saddi) è una frazione
del comune di Pietralunga, posta a circa 12 km di
distanza dal capoluogo ed a 572 m s.l.m. Il borgo
è costituito da alcune case e da una chiesa
coi suoi annessi ricostruita sul luogo ove si trovava
una basilica paleocristiana, risalente all'VII secolo.
La chiesa è a pianta rettangolare a tre navate,
con colonne squadrate. Il soffitto è a capriate,
con un abside semicircolare ed un nartece sul fronte;
sulle pareti si trovano tracce di affreschi del XV
secolo. Al di sotto dell'edificio è ubicata
la cripta, luogo che in origine ospitava le spoglie
di san Crescenziano (patrono di Urbino): soldato romano
del IV secolo, martirizzato sotto Diocleziano il 1º
giugno 303, proprio in questa località. Il
corpo del santo venne poi traslato ad Urbino nel 1068,
come dono del vescovo tifernate Tebaldo al vescovo
urbinate Mainardo. Un bassorilievo dell'VIII secolo
mostra il santo intento ad uccidere un drago. La pieve
originale venne costruita molti secoli prima, dato
che intorno all'anno 600 vi morì san Florido
vescovo. Una torre del IX secolo senza merlatura,
ospitante un vestibolo quattrocentesco e con una finestra
in stile guelfo sulla facciata principale, chiude
sul davanti la costruzione. L'edificio appartenne
nel XVI secolo alla famiglia Vitelli, mentre ora è
un bene di proprietà della curia vescovile
di Città di Castello. Nelle vicinanze si trova
la Fonte del Drago, una sorgente d'acqua solforosa
collegata con la leggenda del santo ed un vasto bosco
di querce secolari.
ORIGINI
E CENNI STORICI
Pietralunga ha origini preistoriche ed il flauto su
tibia umana conservato presso il Museo archeologico
di Perugia, i vari castellieri sparsi nel territorio
ed i ritrovamenti di materiale litico ne sono la tangibile
testimonianza. La fondazione del centro urbano col
nome di Tufi(ernu), tuttavia la si fa risalire al
popolo Umbro. Durante il periodo romano - il più
florido - è conosciuta col nome di Forum Julii
Concupiensium. L'oppidum dei foroiulienses cognomine
concupienses, elevato a Municipium nell'età
augustea, è citato anche da Plinio il Vecchio
nella "Naturalis historia (III, 14, 112-113)".
Di questo periodo restano significative testimonianze,
come ville, acquedotti, fistulae aquariae, monete
e importanti strade (diverticula) con tratti interamente
basolati. Dell'affermazione del Cristianesimo nel
territorio pietralunghese ci è pervenuta notizia
attraverso il martirologio di san Crescenziano, un
legionario romano al quale la leggenda sacra attribuisce
l'uccisione di un drago alle porte di Tiferno (Città
di Castello). Crescenziano, messaggero della nuova
dottrina, venne decapitato e sepolto a Pieve de' Saddi
dove, a ricordo, sopra le vestigia di un preesistente
tempio pagano, venne edificata una chiesa, la più
antica della diocesi tifernate, per accogliere le
spoglie del martire. Distrutta durante le invasioni
barbariche, Pietralunga venne riedificata tra il VI
secolo e l'VIII secolo d.C. sull'odierno colle assumendo
il nome di Plebs Tuphiae. A questo periodo risalgono
la costruzione della Pieve di Santa Maria e l'edificazione
della Rocca longobarda pentagonale. Con l'andare del
tempo il territorio pietralunghese divenne una terra
popolata e florida ed il nome della città venne
mutato in Pratalonga (Leonardo in volgare la chiamava
PRATOMAGNO) dai pingui ed estesi pascoli che la circondavano.
Libero comune dall'XI secolo al XIV secolo, Pratalonga
venne dotata degli strumenti del Catasto e degli Statuti.
A questo periodo (11 settembre 1334) risale il miracolo
della mannaja, strumento di morte conservato presso
la Cattedrale di Lucca. Allo scadere del XIV secolo,
per garantirsi incolumità e sicurezza, Pratalonga
si sottomise a Città di Castello, divenendone
parte integrante del territorio. La città maggiore
vi inviava, semestralmente, un Capitano giusdicente
con pieni poteri nell'amministrazione della cosa pubblica
e della giustizia. Questo status politico-amministrativo
perdurò sino al 1817, anno in cui Pratalonga,
ormai italianizzata in Pietralunga, venne elevata
al grado di Comune. Durante la prima guerra mondiale
(1915-1918) oltre cento cittadini pietralunghesi perirono
per il bene e la difesa della patria. A ricordo la
popolazione ed il Comune eressero un monumento al
centro dei giardini nella piazza principale. Pietralunga
è tra le Città decorate al Valor Militare
per la Guerra di Liberazione, perché è
stata insignita della Medaglia di Bronzo al Valor
Militare per i sacrifici della sua popolazione e per
la sua attività nella lotta partigiana durante
la seconda guerra mondiale ed è sede del Monumento
regionale al partigiano umbro. L'8 settembre 1943,
presso il voc. San Salvatore, e il 13 settembre 1943,
in loc. San Faustino del Comune di Pietralunga, si
costituivano i nuclei di resistenza ai nazi-fascisti.
Dai primi nuclei nasceva una Brigata organizzata,
in seguito denominata Brigata Proletaria d'urto San
Faustino. Dopo un inverno di resistenza e vari scontri
militari, finalmente il 30 aprile 1944, la Brigata
occupava la caserma dei Repubblichini di Pietralunga
e dichiarava Pietralunga Zona libera insediando di
nuovo il sindaco Luigi Pauselli, cacciato dai Fascisti
nell'aprile del 1921, festeggiando nella massima libertà,
dopo 23 anni, la festa del 1º maggio. Dopo questa
data, il 7 maggio 1944, Pietralunga subiva un disastroso
rastrellamento, che culminava con la fucilazione di
sette ragazzi nella piazza centrale del paese e con
quella, il 9 maggio 1944 a Città di Castello,
senza processo, del martire della resistenza Venanzio
Gabriotti. Il territorio diveniva teatro di sanguinosi
scontri, tra alleati e partigiani da una parte, e
nazi-fascisti dall'altra, con devastazioni e perdite
umane anche tra i civili, sino alla definitiva liberazione
avvenuta il 29 luglio 1944.